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FIBRE E AMIDO RESISTENTE

FIBRA ALIMENTARE 

La fibra alimentare è l’insieme delle componenti degli alimenti di origine vegetale che non viene digerita dagli enzimi dell’apparato digerente, ovvero i polisaccaridi non amilacei (NSP) e un idrocarburo policiclico, la lignina; la quantità relativa di NSP (cellulosa, emicellulose, pectina, gomme e mucillagini, oligosaccaridi non digeribili) e di lignina, è variabile a seconda delle specie vegetali e del trattamento tecnologico subito dall’alimento; ciò ne determina le proprietà fisiche (solubilità, viscosità, capacità di idratazione e di scambio ionico, fermentescibilità) e si riflette sugli effetti fisiologici. Infatti la fibra, pur non essendo dotata di un valore nutrizionale in senso stretto (energetico, bioregolatore) svolge importanti azioni a livello metabolico e gastroenterologico (1).

La fibra solubile in acqua è costituita da un mix di emicellulose, pectine, gomme, mucillagini, che passano inalterate nell’intestino tenue e pervengono al colon destro ove la flora batterica le fermenta producendo idrogeno, acido lattico, acidi grassi a catena corta. Nell’ambito di un pasto, ne rallenta lo svuotamento gastrico, contribuendo ad indurre senso di sazietà, e modulando l’assorbimento dei nutrienti, in particolare dei carboidrati. Gli alimenti ricchi in fibra hanno un basso indice glicemico: di conseguenza i livelli di glicemia postprandiale sono più bassi e la risposta insulinica ridotta (2).

Nel diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2, è oggi dimostrato che i picchi glicemici elevati dopo i pasti sono il più importante fattore causale delle complicanze microvascolari (3).

Questi effetti fisiologici della fibra solubile contribuiscono in misura rilevante anche alla prevenzione e al trattamento dell’obesità.

Diversi studi epidemiologici e sperimentali hanno dimostrato che l’incremento del consumo giornaliero di alimenti ricchi in fibra (frutta, verdura, cereali integrali, legumi…) è correlato alla riduzione del rischio di sviluppare obesità (4, 5) e, d’altra parte, un pasto ad alto contenuto in fibra, fornisce, a parità di volume introdotto, un minore apporto calorico (6)

Il controllo poi dell’insulinemia postprandiale comporta una riduzione della sintesi dei trigliceridi e del rischio cardiovascolare globale (7).

La fermentazione della fibra alimentare che perviene nel colon non digerita (o solo parzialmente) produce acidi grassi a catena corta, che svolgono un effetto inibitore sulla sintesi epatica del colesterolo : questa e’ significativamente più rilevante nel determinare i livelli della colesterolemia rispetto all’apporto alimentare di colesterolo (8,9), che peraltro è meno abbondante in una dieta orientata verso alimenti di origine vegetale, nella quale subisce l’azione competitiva a livello dell’ assorbimento intestinale da parte degli steroli vegetali.

La fibra insolubile (cellulosa, lignina), di cui è ricca la crusca dei cereali, giunge pressoché immodificata nelle porzioni distali del colon, aumenta il volume fecale e stimola il transito intestinale, contribuendo così a prevenire stipsi e diverticolosi, condizioni ampiamente diffuse nella società occidentale. Nell’individuo sano il consumo giornaliero di alimenti che contengano 15 – 20 g di crusca porta ad un aumento effettivo del peso delle feci di circa 60-80g e ad un minor tempo di transito rispetto ad una alimentazione basata su cereali raffinati. Effetti simili, anche se meno evidenti, si osservano anche nei soggetti stitici.   Una dieta ricca in alimenti vegetali e povera in grassi e proteine di origine animale svolge un ruolo protettivo nei confronti del cancro del colon retto sia per il suo contenuto in fibra che in quello in alimenti protettivi (fitochimici, antiossidanti). La fibra insolubile agisce attraverso un meccanismo di diluizione di sostanze ad azione cancerogena (esogena o endogena, quali gli acidi biliari secondari) (10).

CONSUMI DI FIBRA ALIMENTARE E LIVELLI RACCOMANDATI

I valori medi di introduzione di fibra alimentare in Italia sono risultati compresi fra 21 e 25 g/die (11), con notevoli variazioni regionali e stagionali, oltre che individuali.

Non esistono dati più recenti, ma è ipotizzabile che questi livelli di introduzione, già bassi, siano ulteriormente diminuiti nel decennio 1990-2000, data la riduzione dell’intake calorico medio della popolazione italiana, anche se i carboidrati non sono stati penalizzati da questa riduzione generalizzata (dall’83% all’84%), come risulta dall’indagine dell’INRAN sui consumi del 1994-96, dalla quale emerge che ortaggi e frutta non hanno subito variazioni significative nelle preferenze degli Italiani.

E’ comunque auspicabile un incremento del consumo di fibra, sino al valore ottimale di 30 g/die, o, almeno, come suggerisce Cummings, di 10-15g per ogni 1000 calorie (1). Tale obiettivo potrebbe essere raggiunto, come raccomanda l’INRAN, dando occasionalmente la preferenza ad alimenti integrali o particolarmente ricchi in fibra (12).

Non esistono ancora evidenze scientifiche in grado di discriminare il diretto contributo della fibra alimentare rispetto ad altri componenti degli stessi alimenti (fitochimici, antiossidanti, minerali…) sul mantenimento dello stato di salute: è pertanto consigliabile soddisfare i suddetti fabbisogni attraverso l’assunzione di cibi naturalmente ricchi in fibra (cereali integrali, legumi, verdura, frutta) piuttosto che con integratori a base di fibra purificata(13); la supplementazione in fibra va poi condotta con attenzione, nel contesto di una dieta equilibrata, anche a causa di possibili effetti negativi di alte dosi di fibra in particolari gruppi di popolazione (chelazione di minerali nel lume intestinale nei bambini e negli anziani).

Gli integratori di fibra si possono presentare in forma farmaceutica (compresse, polveri solubili, forma liquida) o di cibi fortificati arricchiti in fibra (pasta, prodotti da forno, succhi di frutta, yoghurt…).

Il consumo giornaliero di alimenti integrali o particolarmente ricchi in fibra rappresenta comunque, a tutt’oggi, la soluzione più raccomandabile per soddisfare i fabbisogni giornalieri di fibra.

AMIDO RESISTENTE E PREBIOTICI

Altri tipi di carboidrati che raggiungono immodificati il colon nella dieta attuale italiana sono le frazioni di amido resistente associate ad alcuni alimenti amilacei, gli oligosaccaridi non digeribili e i polialcoli, sia di derivazione naturale che aggiunti (dolcificanti). La loro introduzione giornaliera si può stimare mediamente sui 7 – 10 g/die (14).

Tali quantitativi potrebbero essere più alti in soggetti con dieta vegetariana. L’amido resistente è quella parte del patrimonio amilaceo di un alimento non accessibile agli enzimi digestivi per la particolare struttura dell’alimento vegetale, per i rapporti con le componenti fibrose, o derivato dalla trasformazione tecnologica degli alimenti (processi di riscaldamento/raffreddamento). Data la sua non digeribilità, l’amido resistente riduce il picco glicemico postprandiale e pervenendo al colon, è substrato di fermentazione ad opera della microflora intestinale probiotica, contribuendo a migliorare l’ecosistema intestinale. Gli acidi grassi a catena corta derivati forniscono una modesta quota calorica (2 kcal/g). L’amido resistente è presente in ragione del 0.5 g – 7.0 g/100 g nei vari alimenti derivati dai cereali (14). Gli oligosaccaridi non digeribili, fra i quali rivestono particolare importanza nutrizionale i fruttooligosaccaridi – FOS, sono delle fibre solubili caratterizzate dal fatto di essere totalmente fermentate nel colon e di svolgere così analoghe funzioni prebiotiche sull’ecosistema intestinale. Una di queste, l’inulina, è formata da catene di polifruttosio (fino a 60 unità ciascuna): assunta in moderate quantità (ne sono particolarmente ricchi la cicoria, i carciofi e la cipolla) induce un significativo aumento (da 5 a 10 volte) dei bifidobatteri intestinali e, contemporaneamente, un’apprezzabile riduzione dei batteri non desiderati (15).

Prof. Claudio Tubili
Specialista in Scienza dell’Alimentazione
e Malattie dell’Apparato Digerente
Direttore U.O. Diabetologia Ospedale S.Camillo-Forlanini
Docente della Scuola di Specializzazione
In Scienza dell’Alimentazione dell’Università
“La Sapienza”
ROMA

BIBLIOGRAFIA

1)    DelToma E. Dietoterapia e Nutrizione Clinica. Roma, Il Pensiero Scientifico 1995
2)    American Diabetes Association Position Statement on Diabetes Management. Diabetes Care 2001; 24 (S4)
3)    Okhubo Y, Kishikawa H, Araki. Diabetes control and complications.The Kumamoto Study Diabetes Res Clin Practice 1995; 28: 103-117
4)    Willett WG, Dietz MH, Colditz GA. Guidelines for healthy weight. N Engl J Med 1999, 341, 427-434;
5)    Natl Task Force on the Prevention and Treatment of Obesity: overweight, obesity and health risk. Arch Intern Med 2000: 160, 848-904
6)    FAO. Carbohydrates in human nutrition. FAO Food and Nutrition Paper 1980, 15.
7)    Hanefeld M. The Diabetes Intervention Study. Diabetologia 1996; 39, 1577-83
8)    Bruce B, Spiller GA, Klever LM, Gallagher SK. A diet high in whole and unrefined foods favourably alters lipids, antioxydant defenses and colon function.J Am Coll Nutr 2000; 19(1): 61—67
9)    Wolk A, Manson JE; Stampler MJ. Long term intake of dietary fibre and decreased risk coronary heart disease among women.The Nurses Study. JAMA 1999; 281-2000)
10)Williams GH, Williams CC, Weisberger JH,Diet and cancer Prevention: the fiber rich diet. Toxicol Sci     1999; 52 (S2) 72-76)
11)Management Committee COST 92, Dietary fibre intakes in Europe, commission of the European     Community, Brussels, 1993
12)Soc Ital Nutrizione Umana. Livelli di Assunzione Raccomandati di Energia e Nutrienti per la popolazione  italiana. LARN Rev 1996
13)USDA US Dept of Agriculture. Human Nutrition Information Service 1992. Food Guide Pyramide)
14)EURESTA European FLAIR Concerted Action n11 on Resistant Starch 1994, 13-17/4,     La Londe, France
15)Bornet FRJ, Brouns F, Tashiro Y, Duvillier V. Nutritional aspects of short-chain
Fructooligosaccharides : natural occurrence, chemistry, physiology and health implications. Proc Congr “Probiotics, Prebiotics and new foods. Rome, Sept 2-4, 2001